Brutta bestia la crisi, ma non sempre è negativa. L’altra faccia della crisi economica, quella positiva, prende il nome di co-housing “vivere insieme” oppure co-working ovvero lavorare uniti. Insieme ai gruppi di acquisto solidale raggruppano fino a 7 milioni di persone, senza dimenticare i mercatini del baratto e un numero che non cessa di crescere di orti collettivi nelle grandi città italiane. Una maniera intelligente e silenziosa per far fronte alle difficoltà di questi tempi.

La chiamano generazione Co. E questa volta a finirci dentro non sono solo i giovani ma proprio tutti, o almeno chiunque è costretto a fare i conti con budget sempre più ridotti. Perché, ora, in piena crisi economica, un modo per sopravvivere è coalizzarsi, stare insieme, collaborare, condividere. E per farlo si formulano nuovi stili di vita. Si punta sul co-working, per spartirsi le spese d’ufficio, sul co-housing, perché nei condomini solidali ci si aiuta e si tagliano e di molto i costi. Ma anche l’automobile gestita da più famiglie, il car-sharing, affascina sempre più persone. Partecipare a gruppi di acquisto solidale con parenti o colleghi, non è solo vantaggioso ma alla fine anche stimolante. E nel cerchio che stringe sempre più i consumi riducendoli ogni giorno sempre di più, ci finiscono anche parole come riciclo o scambio. E c’è chi punta agli orti metropolitani oppure a prepararsi in casa cibi come yogurt, pane e conserve: un popolo sempre più numeroso secondo il Censis (Centro Studi Investimenti Sociali, un istituto di ricerca socio- economica fondato nel 1964) che nell’anno che si è appena chiuso ha contato 11 milioni di nuovi adepti. Mentre i modelli produttivi tradizionali sono in difficoltà (nel manifatturiero si registra il 4,7% di imprese in meno tra il 2009 e oggi), crescono le cooperative tanto che le imprese, in questo settore, sono aumentate del 14% tra il 2001 e il 2011.

Flavio Apriglianese

Bottone Radici