Se le squadre di serie A giocassero con le maglie delle loro origini, oggi non le riconosceremmo. Ecco come sono cambiati i colori del calcio e perché.

JUVENTUS
Addio biancheria

Vale anche per chi non è appassionato di calcio: dici Juventus e pensi subito alle strisce bianco-nere. Eppure la divisa originale (1897), era ben diversa. Le prime casacche erano rosa, perché per realizzarle fu impiegato il tessuto rimasto nel magazzino del padre di uno dei fondatori della squadra, che commerciava biancheria femminile. E forse per dare un tono più “maschile” al tutto, fu aggiunto un cravattino nero. Nel 1903, per rinnovare il look, si chiese aiuto a un socio inglese del club, residente a Nottingham: questi inviò una partita di maglie della locale squadra del Notts County e da allora le due squadre hanno divise uguali.

ROMA
Becco d’oca e sangue di bue

La Roma nacque nel 1927 dalla fusione di tre squadre all’epoca già attive nella Capitale: Alba, Fortitudo e Roman Football Club. Proprio i colori di quest’ultima, tratti dallo stemma municipale, furono mantenuti per le divise della nuova squadra. Da allora, la maglia restò pressoché invariata (con l’eccezione di un modello usato negli anni Ottanta, che aveva stravaganti fasce giallo-arancione sulle spalle) e solo la “definizione” dei colori, dopo la caduta del fascismo, fu riveduta: il rosso porpora e il giallo oro, che evocano i fasti di Roma imperiale, cedettero il passo ai più bonari “giallo becco d’oca” e “rosso sangue di bue”.

PALERMO
Il dolce e l’amaro

Al momento del battesimo, nel 1900, i colori della squadra siciliana erano il rosso e il blu della bandiera britannica, probabilmente su indicazione dei mercanti inglesi che frequentavano il porto della città in quegli anni. Nel 1907 i dirigenti decisero di cambiarli per distinguersi dai tanti club che all’epoca usavano una divisa simile. Ma anche per un altro motivo: visti i risultati altalenanti della squadra, Vincenzo Florio, “animatore” del club e produttore di vini, propose di trasformare il rosso in rosa, come “il liquore dolce usato per brindare alle vittorie”. E il blu in nero, come l’amaro che avrebbero bevuto “per digerire le sconfitte”.

Roberto Graziosi

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