Toni Servillo in sala con Le confessioni del regista Roberto Andò: “Un’opera sull’incapacità di spiegare il presente”. In queste pagine un estratto dell’intervista a Il Fatto Quotidiano.


Toni Servillo stringe un sigaro nella mano sinistra: “Mi aiuta a non rimpiangere l’attitudine. Fumavo 50 sigarette al giorno, ho smesso da 8 anni grazie a un raffreddore” e da sempre dorme male: “Poco e male. Mi sveglio, mi rigiro, leggo”. A metà degli anni ’70, in piena notte, si incontrava con suo padre in cucina: “È il ricordo più tenero che ho di lui. Mi trovava alla finestra, a guardare verso un punto indefinito e si preoccupava per suo figlio: ‘Ma che è, che succede Toni?’, ‘Non lo so’, rispondevo. E non ci dicevamo altro perché altro da dire non c’era”.

Una vocazione puoi leggerla soltanto quando arriva il momento dei bilanci. Da una parte metti sul tavolo tutto quello che hai fatto nella vita per dedicarti totalmente a una passione divorante, dall’altra l’elenco delle ipotesi di esistenza a cui hai rinunciato in termini pubblici e soprattutto privati. Il risultato è quello che sei. E non sono previste seconde mani”.
Alla rinuncia, in saio bianco, è abituato anche Roberto Salus, il prete invitato dagli otto uomini che reggono i fili della finanza internazionale a trascorrere un fine settimana sul Baltico, proprio alla vigilia di una manovra economica che cambierà le sorti del mondo. […]

Perché ha scelto di fare il film di Andò?

Ho letto la sceneggiatura. Un buon copione indirizza il resto del tuo lavoro sulla base della fiducia che hai nel racconto. Per un attore, credere in quello che si fa è fondamentale. È il volano che ti fa alzare la mattina con entusiasmo.

Lei dormirebbe poco comunque, ci ha detto.

Ma non è che dorma male per chissà quale tormento. Dormo male perché mi piace vivere e a letto mi sembra di perdere tempo.

Malcom Pagani / Il Fatto Quotidiano

Abonnez-vous à RADICI pour lire la suite de l’article