Persino le storiche dimissioni del papa ieri sera sono passate in secondo piano. C’è solo una cosa al mondo che riesce a far scordare agli italiani tutti i loro problemi (Dio sa quanti ce ne sono), ed è il Festival di Sanremo, di cui ho parlato brevemente nel mio precedente intervento.

È certo che questo sia un Festival diverso. Non so se sia l’effetto della riduzione della spesa operata dalla Rai, ma il fatto certo è che la musica, se non di alta qualità, è certamente più interessante del solito, grazie anche ai nuovi innesti di giovani musicisti (parlo di artisti in realtà già conosciuti da chi la musica la pratica e la ascolta, ma meno noti al grande pubblico Rai).

  • Marco Mengoni, pupillo dei talent show e dei più giovani, è risultato fiacco e tradiva molta emozione. Perdonabile, ma entrambi i suoi brani Bellissimo e L’essenziale sanno di « già sentito ».
  • Raphael Gualazzi, uno di quelli da tenere d’occhio: cantautore dalle radici jazz che si è esibito al pianoforte con due pezzi interessanti: il primo, Senza ritegno, ha visto ospite il celebre trombettista Fabrizio Bosso ed è un brano ritmato, fresco ed originale. Troppo originale evidentemente, poiché il pubblico ha preferito invece il secondo brano, Sai (ci basta un sogno), più banale e più in stile sanremese.
  • Daniele Silvestri, eccentrico come ormai ci ha abituati, ha scelto anche lui il pianoforte per proporre i suoi due brani: Bocca chiusa, brano risultato vincitore, era accompagnato da un interprete per sordomuti (idea brillante quella di condividere la musica anche con chi non può ascoltarla) seguito da una martellante Il bisogno di te (Ricatto d’onor), più debole.
    Siamo già a due canzoni che hanno delle parentesi nel titolo. Dev’essere una nuova moda…
  • Poi la napoletana Simona Molinari. In coppia con il pianista e cantautore americano Peter Cincotti, Simona ha dato vita ad un vero revival swing con due brani splendidi: Dr Jekyll Mr Hyde e La felicità. Non punterei su di loro per la vittoria, troppo « estranei » alla logica di Sanremo, ma rimangono per me i migliori della serata.
  • Marta sui tubi, gruppo siciliano, hanno sicuramente portato un po’ di vitalità. Il loro look un po’ punk era superato già vent’anni fa ma vederlo a Sanremo fa un certo effetto. Altra conferma che quest’anno il Festival allarga i suoi orizzonti (anche se in nettissimo ritardo). Entrambi i loro brani, Dispari e Vorrei sono ascoltabili.
  • Maria Nazionale è il punto più basso della musica. Non solo del Festival. Napoletana, proveniente dalla tradizione cosiddetta neomelodica,risulta da subito pesantemente fuori posto con due canzoni indigeribili Quando non parlo ed  E’ colpa mia. Le battute si sprecherebbero con due titoli simili.
  • Chiara Galiazzo, altro regalo dei talent-show. Entrambi i brani (L’esperienza dell’amore e Il futuro che verrà) sono piuttosto anonimi, anche se firmati da Bianconi dei Baustelle e Zampaglione dei Tiromancino. La sua voce, debole sulle note alte, non aiuta.

 

Come noterete, qui non parlo delle solite polemiche legate al Festival. Sanremo è musica, e di musica io parlerò.

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