Andrea Salsedo era un giovane siciliano partito per l’America in cerca di fortuna. Arrestato e torturato dall’Fbi, a 39 anni volò giù da un grattacielo.

Era di maggio, e io non me ne scordo. / Cantavamo una canzone a due voci / più tempo passa e più me ne ricordo / fresca era l’aria e la canzone dolce. / E diceva: “Cuore, cuore! Cuore mio lontano vai, / tu mi lasci e io conto le ore. / Chissà quando tornerai?” / Rispondevo io “Tornerò / quando tornano le rose. / Se questo fiore torna a maggio / pure a maggio io sarò qui”.

Chissà se quel ragazzo partito dalla Sicilia all’inizio del Novecento verso un’America che prometteva il pane e le rose lasciò un cuore spezzato ad aspettarlo, come in questa canzone, Era de maggio, popolarissima a quei tempi. Quel che è certo è che Andrea Salsedo, così si chiamava, non tornò più. Il 3 maggio 1920 precipitò giù dal 14° piano di uno dei grattacieli più alti di “Nuova York”, com’era chiamata dai “cafoni” siciliani suoi compaesani.
Aveva 39 anni e da quando era arrivato nel Nuovo Mondo, faticava da mattina a sera. In mezzo a quelle strade chiassose e a quella lingua incomprensibile, era riuscito ad integrarsi e perfino a realizzare il suo sogno: aprire una tipografia. Una sera, usciti tutti, s’era accasciato sulla sedia, esausto. Lo sguardo perso tra quelle macchine che davano da mangiare a lui e ai suoi operai. S’era acceso una sigaretta e aveva lasciato che le immagini s’affollassero nel cervello, finché una lo riportò sulla spiaggia di Pantelleria, dov’era nato. Lì, un giorno che pareva uguale a tutti gli altri, era arrivato un barcone con uomini legati insieme da catene. “Anarchici, brutta gente e senza Dio”, dicevano gli isolani. Tra i confinati c’era uno che diventerà suo amico. Era uno che la sapeva lunga, aveva studiato e conosceva la legge. Ma la rifiutava perché, diceva: “la legge è fatta dai signori per i signori”. Andrea lo ascoltava a bocca aperta, e divenne anche lui un seguace dell’anarchia. Poi Luigi fuggì dall’isola, beffando i gendarmi. Nel 1901 (l’anno in cui un altro anarchico, Gaetano Bresci il regicida di Umberto I, morì, ufficialmente suicida, in carcere) Salsedo era a Marsala. Vi stampava un “foglio di rabbia”, La Falange, fra un’ordinanza di sequestro e un’altra, finché fu costretto a chiudere: una lacrima e via.

A New York, Andrea aveva iniziato a lavorare come garzone e un giorno gli era sembrato di vedere un fantasma: Luigi, il suo maestro. Lì, all’ombra della Statua della Libertà, animava un circolo anarchico affollatissimo di italiani. Galleani pubblicava una nuova rivista, Cronaca sovversiva, per la quale Salsedo iniziò a collaborare come tipografo. Il giovane siciliano aveva imparato bene il mestiere, inclusi i trucchi per risparmiare. Al punto che, con i dollari messi da parte anche grazie a tutti gli altri lavori che faceva, divenne editore in proprio. Pubblicava testi anarchici, naturalmente, e finalmente anche una vera rivista: Il domani. Che finì subito nel mirino dell’FBI.
Erano intanto arrivati i ruggenti anni Venti, quelli che si chiuderanno con una crisi economica epocale (il crack del 1929). L’aria a New York si fece irrespirabile: le tipografie che stampavano testi anarchici furono chiuse, come pure i circoli. Gli arresti si susseguirono. Ogni giorno spariva qualcuno. Si arrivò ad arrestare 4.000 persone in un solo giorno: in 3.000, fra cui Luigi Galleani, furono espulsi dagli States.

Pino Casamassima/ Focus Storia

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