I Romani la chiamarono Pistoria, termine derivato dal latino pistor che designava colui che accatasta il grano, quindi il fornaio, perché agli inizi del II secolo avanti Cristo era la dispensa dell’Impero, città fortificata che coi suoi depositi di cibo sfamava milizie e viandanti. Nel tempo, poi, Pistoia è cresciuta, caduta, perfino rasa al suolo dai Goti invasori nel 405 d.C. S’è però sempre rialzata, circondata dal verde di alberi e colline dell’Appennino Tosco-Emiliano e crocevia di viaggi e missioni, libero Comune nel 1105 e poi risorta definitivamente nel 1145 attorno alla reliquia di San Jacopo, portata qui da Santiago di Compostela per intercessione del vescovo Atto. Fiera come i due orsi che reggono lo stemma cittadino, fiera del suo cuore medievale fatto di piazze piccole e improvvise, stradine acciottolate, tetti rossi e chiese a due colori. Medioevo che è rievocato ogni 25 luglio, dedicato al santo patrono della città, con la Giostra dell’Orso, riedizione moderna dell’antico Palio dei Berberi, spettacolare sfida a cavallo tra Cervo Bianco, Drago, Grifone e Leon d’Oro, i quattro rioni della città, in un tripudio di tamburi e bandiere.

Piazza del Duomo

Al centro, metà gotica e metà romanica, c’è la suggestiva piazza del Duomo, dominata dalla torre campanaria che, lassù, ricompensa l’aspra salita dei suoi 200 gradini con una vista strepitosa sullo scenario tutt’attorno. Sorveglia, con i suoi 67 metri d’altezza, gli edifici che raccontano la storia della città: il palazzo del Comune (o degli Anziani), sede anche del Museo Civico d’Arte Antica, il tribunale di palazzo Pretorio dal cortile trecentesco, il battistero di San Giovanni, pieno di stemmi in terra, marmo, pietra e dipinti, la chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, marmorea fuori e tenebrosa dentro, e soprattutto il Duomo cittadino dalla facciata romanica. È l’antichissima cattedrale di San Zeno, imponente casa della reliquia di San Jacopo o Giacomo il Maggiore, custodita nel reliquiario posto nella cappella che ospita anche l’altare d’argento, realizzato dagli orafi più abili dell’epoca e a cui ha lavorato anche un 24enne Filippo Brunelleschi. Tra navate, colonne, oreficerie e terrecotte di grande valore, qui si narra la storia di Jacopo, che protesse Pistoia dalla guerra e dai Saraceni e poi le donò prosperità e benessere con un pezzo del suo cranio diventato reliquia, trasformando la città in meta di pellegrini e dimora di banchieri.

Giorno e notte

Intorno alla piazza del Duomo s’incrociano le vie medievali, strette o larghe, più o meno nascoste dall’ombra della grande chiesa. Si rincorrono l’un l’altra e raccontano, coi loro nomi semplici e diretti, abilità e mestieri di ieri e di oggi: via del Cacio, via degli Orafi, via dei Fabbri, piazzetta degli Ortaggi. Fino a portarti a piazza della Sala, di giorno indaffarata tra mercati e botteghe, vendite di frutta e dolci artigianali, e alla sera salotto buono della vita notturna cittadina, fatta di locali alla moda, birrerie e ristoranti tipici affollati di turisti. Case tutt’attorno schierate a protezione, di tre piani, massimo quattro. Finestre gemelle, pochi balconi. Insegne dal sapore antico, piccole tettoie, una fontanella, scaffali in legno e banchi di pietra. Nuove stradine si aprono dove circolano cittadini e visitatori, commercianti e clienti. E il pozzo del Leoncino dalla forma circolare, antica fonte d’acqua e oggi simbolo della piazzetta, con le sue due colonne e la statua in pietra del Marzocco collocata lì nel 1529 con una zampa poggiata sullo stemma cittadino per ricordare la dominazione di Firenze di quel tempo lì.

Non solo libri

Attorno e più in là dal centro storico, vie dai nomi beffardi strappano sorrisi e domande e portano alla scoperta degli altri tesori di Pistoia, Capitale italiana della cultura 2017. Via Abbi Pazienza, vicolo Brontola, vicolo del Malconsiglio, via delle Pentole, vicolo dei Bacchettoni, vicolo Buio. Ti conducono, ad esempio, all’austera biblioteca Forteguerriana, oggi dimora di oltre 200mila volumi e un tempo sede del Liceo Classico Niccolò Forteguerri dove insegnò il poeta Giosuè Carducci. E alla modernissima Biblioteca San Giorgio, nata nel 2007 dagli scheletri di una vecchia fabbrica in disuso e oggi una delle maggiori biblioteche pubbliche della Toscana. Lì davanti c’è il Deposito Rotabili Storici di Pistoia, entrato in esercizio nel 1864 e ancora oggi punto di riferimento delle Ferrovie dello Stato per la riparazione delle locomotive a vapore. Durante le giornate dedicate ai visitatori e gli open day, si può ripercorrere la storia dei viaggi su rotaia visitando, alla stazione ferroviaria, la sala d’aspetto reale edificata per il re Vittorio Emanuele II e, nella zona antistante i capannoni e l’officina, l’esposizione di treni antichi e unici. Come, ad esempio, la più grande locomotiva a vapore costruita in Italia, la 746.038, ideata negli anni Venti per trainare altri treni e capace di raggiungere la velocità di 100 km orari. Alcune di queste vetture storiche vengono oggi utilizzate per il Porrettana Express, viaggio d’altri tempi sulla linea ferroviaria lungo l’Appennino Tosco-Emiliano tra borghi, monti e ponti, ripercorrendo la storica Ferrovia Porrettana, tutt’oggi attiva e costruita a metà del 1800 come “Strada ferrata dell’Italia Centrale” per volere di Impero d’Austria, Stato Pontificio, Granducato di Toscana, Ducato di Modena e Ducato di Parma per congiungere le ferrovie dell’Austria e della Toscana.

Due donne, due madri

Percorrendo la città ci sembra partecipare a una lunga sfida senza vincitori tra l’austerità del tempo e lo spirito ribelle dei pistoiesi, che a ogni angolo, con quei nomi delle vie, sembrano aver inciso le loro beffe nella pietra, evocando così aneddoti e storie d’ogni giorno.
Ma ecco una bellissima storia, quella della grande scultura della Visitazione realizzata da Luca della Robbia, collocata nella sua dimora originaria, la chiesa di San Giovanni Fuorcivitas. Si tratta della storia, narrata anche nel Vangelo di Luca, della visita di Maria, incinta dello Spirito Santo, alla cugina Elisabetta, pure lei in dolce attesa nonostante l’accertata sterilità e l’avanzata età. Che si creda o no all’episodio religioso, resta la bellezza dell’abbraccio tra due donne, future madri, nel candore della perfezione della scultura dell’artista fiorentino. La chiesa di San Giovanni Fuorcivitas, si pensa di origine longobarda, all’epoca della sua fondazione si trovava all’esterno delle mura cittadine (da qui l’appellativo “Fuorcivitas”) e i cui lavori sono stati completati nel 1344. Con la sua facciata principale collocata sul fianco nord e rivestita da linee verdi e bianche in serpentino di Prato e marmo bianco, è uno scrigno di tesori. Primo fra tutti il Pergamo di Fra’ Guglielmo, pulpito rettangolare in marmo bianco in stile romanico ultimato intorno al 1270. Un capolavoro, ma non il pulpito più famoso di Pistoia. Perché sempre nel centro storico, nella chiesa omonima dell’VIII secolo, si trova il pulpito della chiesa di Sant’Andrea, realizzato dall’architetto e scultore Giovanni Pisano. Iniziato nel 1298 e terminato nel 1301, di forma esagonale, poggia la centrale delle sue sette colonne su tre figure, un leone alato, un’aquila e un grifone e racconta, nei suoi cinque parapetti, la storia della vita di Cristo, dall’Annunciazione al Giudizio Universale. E poi, tra luci e ombre, sibille, profeti, una folla ammassata di figure, scene e allegorie compongono un’opera davvero straordinaria.

Lo Spedale e la fortezza

Dopo aver scoperto il medioevo, con un breve tragitto a piedi possiamo ammirare l’Ospedale del Ceppo, una dei palazzi più importanti del rinascimento pistoiese, oltre alla Basilica della Madonna dell’Umiltà con la Cupola progettata da Vasari. Lo Spedale, come vien chiamato dal 2013 (cioè da quando non è più l’ospedale cittadino), è annunciato dal loggiato con i meravigliosi riquadri del fregio in terracotta rappresentante le Sette Opere di Misericordia. Un lavoro, realizzato nel XVI sec. dagli scultori Santi Buglioni prima, Giovanni della Robbia poi e, per ultimo, Filippo di Lorenzo Paladini. Secondo la leggenda lo Spedale fu edificato, nel XIII secolo, attorno a un ceppo (da qui il nome) miracolosamente fiorito in inverno su indicazione della Vergine apparsa ai pii coniugi Antimo e Bendinella.

Dallo Spedale del Ceppo ci si può incamminare anche nel mondo di sotto, perché un passaggio conduce alla Pistoia sotterranea, laddove un tempo scorreva il torrente Brana, discarica del mondo dei malati soprastante. Pareti strette, ciottoli irregolari. Poi il soffitto si fa più alto ed appaiono i simboli della peste e un vecchio mulino, un anfratto, l’accesso al convento delle suore e ancora corridoi di mattoni, soffitti bassi poi un po’ più alti, fughe verso il mondo di sopra e lavatoi delle donne che, sciacquando i loro panni, riportavano inconsapevoli in superficie le malattie appena scaricate dall’ospedale. Si passa perfino sotto un ponte di epoca romana che pare far da tramite tra il regno dei morti e quello dei vivi.
Uscendo poi alla luce in piazza San Lorenzo e camminando lungo la terza cerchia muraria che ancora circonda una parte della città, si raggiunge la Fortezza di Santa Barbara. Voluta nel 1539 dal granduca di Toscana Cosimo I de’ Medici, è stata disarmata nel 1774 e usata in seguito come caserma, carcere e distretto militare. Oggi, con le sue sbarre, gli archi bassi e i soffitti alti, addormentata nel verde, è un monumento alla Storia fatta di torti e ragioni, tiranni e difensori. Ultimo baluardo di Pistoia, dei suoi monumenti e del suo verde, sentiero privilegiato verso lo splendore dell’appenino tosco-emiliano, dei boschi incontaminati, delle ville, dei borghi incantati.

I CAMMINI

Pistoia è anche il crocevia di cinque diversi cammini spirituali, città punto di partenza, d’arrivo o soltanto di passaggio per un viaggio di riflessione e di scoperta immersi nel verde e nella storia, tra ruscelli, colline, luoghi di culto e borghi senza tempo.

Il cammino di San Jacopo

La reliquia custodita in Duomo, ha fatto di Pistoia una piccola Santiago, oggi come ieri meta di pellegrini provenienti da tutto il mondo. Il cammino di San Jacopo parte da Firenze e arriva a Pistoia, la terza delle sei tappe previste. Arte, storia e religione accompagnano ogni passo sull’antica via Cassia dei romani e poi, verso Livorno, su quella che fu la via Aemilia Scauri. Ci sono oliveti, vigne, campi di mais, grano e girasoli e, nascosti nel verde, cinghiali, fagiani, caprioli e anche tassi, istrici e faine. Un lungo sentiero attraverso la Toscana più selvatica.

Cammino di San Bartolomeo

San Bartolomeo, tramandato dai cristiani come uno dei dodici apostoli di Gesù, venne venerato in terra toscana dai Longobardi, che a Pistoia eressero la chiesa di San Bartolomeo in Pantano, ed è considerato il protettore dei bambini. Dal 2015 a lui è dedicato questo percorso pedonale lungo quasi cento chilometri e diviso in cinque tappe, dalla piccola Fiumalbo fin proprio alla chiesa dedicata al santo dalla città pistoiese. Lungo il cammino di San Bartolomeo si passa attraverso l’alta valle dello Scoltenna, la val di Lima e quelle del Reno e dell’Ombrone, tra boschi, torrenti e i Comuni che ricordano la vita e le opere dell’apostolo.

Via Francesca della Sambuca

Il culto di San Jacopo è anche la spinta che porta i pellegrini lungo la Via Francesca della Sambuca, che parte da Bologna per arrivare, dopo oltre 96 chilometri di cammino, a Pistoia. Il panorama è quello rigoglioso e selvaggio dell’Appennino, attraversato da quest’antica via etrusca e romana, poi usata già dai devoti della Francigena per avere un primo incontro con il santo per mezzo della sua reliquia e dirigersi poi verso Santiago di Compostela. Antichità e medioevo, le pietre del lastricato e dei muretti laterali accompagnano passi e pensieri del viaggiatore, devoto e non.

Via Romea Germanica Imperiale

La Via Romea Germanica Imperiale parte da Trento e arriva ad Arezzo dopo aver percorso 563 chilometri di cammino. Tre antiche vie consolari romane, tracciati degli etruschi e dei celti offrono allo sguardo il lago di Garda, le montagne dell’Appennino settentrionale, la pianura padana, borghi e città d’arte. A Pistoia ci si arriva alla nona delle 23 tappe previste, per dirigersi verso Prato e poi Firenze.

Via Romea Strata

Panorami strepitosi, boschi silenziosi, scenari artistici e culturali: la Via Romea Strata è un lunghissimo percorso di 1300 chilometri attraverso sette Stati, dall’Europa Centro Orientale fino a Roma al cospetto delle tombe degli apostoli Pietro e Paolo. Il viaggio in Italia comincia in Friuli Venezia Giulia, a Tarvisio, 4mila abitanti in provincia di Udine, e incontra Pistoia dopo essere sceso, entrando in Toscana, dal Passo della Croce Arcana a 1669 metri d’altezza. Un luogo suggestivo pure questo. Quassù, nel punto che univa il modenese al pistoiese, c’era sempre una croce che indicava la direzione ai viandanti, in cerca dell’ospedale o, più speranzosi, della svolta giusta al proprio viaggio.