Abitata da 10mila anni, Matera, la città dei Sassi, è una delle più antiche al mondo. Un complesso labirinto dove il sopra e il sotto si compenetrano e si completano. Disorientando e incantando.

Visitatela come volete, ma visitatela. La Basilicata merita senza dubbio il nostro tempo e la nostra attenzione. La sua storia millenaria si è incontrata negli ultimi decenni con il talento di artisti, soprattutto del cinema, che ha dato notorietà internazionale a Matera, la città dei Sassi. Uno fra tutti senza dubbio Mel Gibson con il suo film La Passione di Cristo. A questo proposito, fra gli itinerari turistici consigliati a chi visita Matera ce n’è uno che si chiama The Passion Tour. Accompagnati da una guida, si ha modo di scoprire i principali luoghi che hanno fatto da location al film uscito nel 2004 e girato proprio a Matera. Fra i luoghi clou del percorso, la ripida scalinata di via Muro, nella Civita, scenario per la Via Crucis (e magnifico punto panoramico) e la chiesa rupestre di Santa Lucia alle Malve nel Sasso Caveoso, ambientazione per il mercato e le abitazioni di Gerusalemme. Ma anche la chiesa della Madonna delle Virtù nel Sasso Barisano, il più settentrionale dei due agglomerati che costituiscono i Sassi, utilizzato come set dell’Ultima cena. 

Sono luoghi iconici, capisaldi per la lettura e la comprensione della città, così complessa che a volte disorienta. Non solo per l’impianto labirintico, ma soprattutto per una struttura nella quale il concetto di sopra e sotto è tutt’altro che definito, e dove spesso ciò che è sotto è più prezioso di quel che c’è sopra, che pure spettacolare è. Come nel caso della chiesa rupestre di Santa Maria de Idris, che svetta sul Sasso Caveoso dal roccione in cui è stata in parte scavata, e nella quale ciò che si apre sottoterra desta più stupore di quel che pur di monumentale vi è stato costruito sopra. Come anche il Palombaro Lungo sotto piazza Vittorio Veneto, cisterna idrica sotterranea, bella come una cattedrale con i suoi pilastri e le sue arcate scolpiti nella roccia, scavata a partire dal XVI secolo e arrivata alle dimensioni attuali: 15 metri di altezza e una capacità di cinque milioni di litri. Senza dimenticare gli ipogei di San Giorgio al Paradiso, cavernosi ambienti su più livelli, nati da una chiesa rupestre e adibiti in seguito a frantoi e cantine annessi all’omonimo residence nel Sasso Barisano. 

Non è stato difficile per Mel Gibson far passare Matera per l’antica Gerusalemme. Con i suoi 10.000 anni di vita, la città lucana è uno fra i più antichi insediamenti continuativi al mondo. A testimoniare l’inizio della presenza umana nel territorio sono utensili di pietra come raschiatoi e percussori, risalenti a 250.000 anni fa, affiorati nella Grotta dei pipistrelli e nella contigua Grotta funeraria, un sistema di ambienti comunicanti situati a qualche chilometro dal centro storico, sul fianco della gravina che costeggia la parte sud-occidentale della città. A scoprirle e ispezionarle fra il 1872 e il 1878 fu il medico locale Domenico Ridola, archeologo per passione. Sempre a lui si devono l’individuazione e lo scavo del sito di Serra d’Alto, che ha dato il nome a quella evoluta cultura nata nel Materano nella seconda metà del V millennio avanti Cristo e diffusasi in tutto il Meridione, arrivando fino in Toscana e alle isole Eolie. Il suo tratto distintivo era una ceramica raffinata e sottilissima, realizzata con argilla depurata e arricchita da anse molto elaborate e minute decorazioni pittoriche. È questo il periodo in cui gli insediamenti diventano stabili e assumono la struttura di villaggi trincerati, circoscritti e protetti da un fossato. Con l’Età del Ferro, gli abitati si attestano anche sul versante « urbano » della gravina, dove persiste il sistema abitativo nelle grotte, usate anche come sepoltura. Il nucleo della Civita, sullo sperone roccioso che divide i Sassi in due parti e li domina, è attestato già in epoca magnogreca quando, grazie alla posizione lungo la via di collegamento fra la costa e l’interno, Matera è legata alle potenti colonie costiere di Metaponto ed Heraclea, oggi nei pressi di Policoro che sorge, appunto, a poca distanza dalle rovine dell’antica città di Eraclea. 

Sviluppatasi in età longobarda, la Civita è cinta da mura di cui faceva parte la cilindrica torre Metellana, detta « romana » anche se la sua origine è da collocare probabilmente all’inizio dell’XI secolo. Fra I’VIII e l’XI secolo nelle grotte, a volte ampliate scavando nel calcare dell’altopiano, nascono piccoli cenobi e chiese, semplici celle o strutture ipogee a più navate scandite da pilastri e colonne finemente scolpiti e arricchite da affreschi ancora nitidi. Spesso sovrapposte una all’altra o raccolte fra loro a creare complessi più articolati, si mischiano alle dimore, anch’esse rupestri, sebbene il riferimento ai Sassi come rioni abitativi risalga solo agli inizi del XIII secolo. Un periodo felice per Matera, quello in cui la prosperità della « città regia » normanna si consolida sotto gli Angioini. L’aumento della popolazione spinge gli abitanti a dilagare oltre le mura della Civita – dove si costruisce la splendida cattedrale romanica – occupando ogni anfratto. 

Sorta di commovente presepe costruito con tecniche edilizie immutate da secoli, i Sassi erano diventati nei primi decenni del Novecento un ghetto malsano, in cui 15-20.000 persone si stipavano insieme a maiali, asini e galline all’interno di poco più di 3.000 ambienti scavati nel tufo, senz’acqua, senza luce naturale, senza ricambio d’aria e senza elettricità. Le foto dell’epoca mostrano bambini denutriti e seminudi, che giocano fra i rigagnoli di fogne a cielo aperto, incubatrici di colera e altre malattie. Una vergogna che Alcide De Gasperi, allora Presidente del Consiglio, promise di sanare appena giunse a Matera nel 1950, sull’onda dell’indignazione nazionale e internazionale suscitata dalle descrizioni che della vita nei Sassi aveva dato Carlo Levi nel suo Cristo si è fermato a Eboli. Il libro, scritto durante l’esilio che lo scrittore e artista antifascista torinese scontò negli anni Trenta ad Aliano, non lontano da Matera, e pubblicato nel 1945, denunciava un degrado e uno stato di povertà che l’autore confessava di non aver mai visto in tutta la sua vita. Condizioni che si fa fatica a immaginare nella ricostruzione, pur rigorosa e con elementi totalmente originali, di alcune case-grotta. Fra le più accurate, quelle di vico Solitario e del rione Casalnuovo nel Sasso Caveoso e quella di via Fiorentini nel Sasso Barisano. Di fronte a questa, la mostra permanente dei « Sassi in miniatura » offre uno sguardo d’insieme dei rioni storici, un aiuto prezioso per capire non solo la topografia ma anche le dinamiche e le condizioni di vita che vi si svolgevano prima dell’evacuazione. Il fedelissimo plastico in tufo, di 12 metri quadrati e dal peso di 35 quintali, è stato realizzato in tre anni di lavoro dall’artigiano scultore Eustachio Rizzi a partire dal 1996 e si trova nel laboratorio-bottega dove ancora lavorano i suoi figli. 

Grazie al Piano Marshall, furono realizzati due quartieri satellite: Borgo Venusio a nord della città e La Martella a ovest, affidati ad alcuni dei migliori architetti, urbanisti, ingegneri e intellettuali dell’epoca (da Luigi Piccinato ad Adriano Olivetti, da Ludovico Quaroni a Federico Gorio). La popolazione dei Sassi vi fu trasferita in massa. Questi rimasero desolati, proprio come pietre inerti e prive di vita. Con la legge 126 del 28 febbraio 1967, il ministero dei Lavori pubblici fu autorizzato a indire un concorso internazionale per la « redazione di un progetto concernente la sistemazione, la utilizzazione e il restauro urbanistico e ambientale dei rioni Sassi di Matera e del prospiciente altopiano, quali zone di interesse storico, archeologico, artistico, paesistico ed etnografico ». Fra i progetti presentati tra il 1974 e il 1977 non uscì un vincitore e non se ne fece nulla, fino a che la legge 771 del 1986 non rimise in moto l’opera di salvataggio. Riconoscendo il « preminente interesse nazionale » della conservazione e del recupero dei Sassi, il provvedimento stanziava 100 miliardi di lire per contributi ai vecchi proprietari, ma anche a nuovi locatari, impegnati in lavori di restauro, dalle strutture agli intonaci, dai serramenti esterni al collegamento alla rete fognaria, in cambio dell’impegno ad abitare direttamente i locali così ristrutturati per un periodo di almeno 10 anni. Nel 1993 è arrivato il riconoscimento UNESCO, con l’inserimento nella lista del Patrimonio dell’umanità. La vita ha ricominciato a scorrere fra i vicoli, sono stati aperti bar e ristoranti, laboratori artigianali dove la pietra tenera locale viene lavorata in infinite fogge e prodotti, boutique-hotel, aziende hi-tech. Nel 2019 infine, Matera è stata eletta capitale europea della cultura. Un evento che le ha permesso al tempo stesso di conservare il suo passato e di guardare al futuro. 

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SANS ÉTAT NI DIEU

Peintre, homme politique et écrivain italien parmi les plus connus du XXe siècle, on se souvient de Carlo Levi surtout pour Le Christ s’est arrêté à Eboli, un roman historique autobiographique écrit à la suite de sa condamnation à l’exil en raison de son activité antifasciste. Entre 1935 et 1936, l’auteur fut en effet contraint de passer une longue période en Basilicate, à Grassano d’abord, puis à Aliano, des villages de la province de Matera. Il put ainsi observer les conditions de vie inhumaines auxquelles était contrainte la communauté paysanne et souligner la négligence totale de l’État. Profondément marqué par cette expérience, entre décembre 1943 et juillet 1944, il écrivit ce roman publié par la maison d’édition Einaudi. « Mais dans cette terre sombre, sans péché et sans rédemption, où le mal n’est pas moral, mais est une douleur terrestre, qui est pour toujours dans les choses, le Christ n’est pas descendu. Le Christ s’est arrêté à Eboli. » En 1979, le livre a été adapté pour le cinéma par Gillo Pontecorvo et Francesco Rosi. C’est l’immense acteur Gian Maria Volonté qui a interprété Carlo Levi.