Da “Jobs act” a “spending review”, da “mobbing” a “low cost”. Le parole inglesi si insinuano sempre più nella lingua italiana senza adattamenti e senza alternative. E il rischio di parlare l’itanglese è sempre più concreto.

La recente notizia che Facebook avrà una task force per il fact checking delle fake news è confortante, ma il modo in cui viene diffusa lo è meno: è ancora italiano, questo (sei parole inglesi su un totale di undici)? E che ci vuole a dire: Facebook avrà una squadra per verificare le notizie?
È perfino più breve. E sarebbe perfino più preciso (il fact checking, in realtà, si fa sulle news per scovare i fake, e non sulle fake news, la cui individuazione è il risultato finale del processo). Ma forse sembra meno attraente.
La cosa curiosa è questa (e un recente viaggio mi ha permesso di verificarla ancora una volta): negli Stati Uniti, per esempio, ciò che vuol essere attraente, gustoso, alla moda, elegante (e costoso) tende a darsi nomi (o almeno suoni) italiani, o descrizioni in italiano, o una spruzzata di italiano da qualche parte.

Annamaria Testa, esperta di comunicazione e saggista / Internazionale.it