Lo spirito d’indipendenza è a volte il risultato di una forte identità e di ingerenze straniere. Un esempio è la Sardegna. Nell’isola dei nuraghi, l’eredità catalano-aragonese del Trecento.

Tutto comincia nel 1353, quando la città sarda di Alghero si trova sotto assedio. Da una parte ci sono i catalano-aragonesi guidati da Pietro IV d’Aragona, alleati dei veneziani, impegnati nella conquista dell’isola. Dall’altro gli arborensi, alleati con i genovesi, a difesa del Giudicato d’Arborea, l’ultimo dei quattro regni autonomi che si formarono in Sardegna alla dissoluzione in occidente dell’impero bizantino. La battaglia che si combatte è ferocissima e vede la caduta della città nelle mani dei catalani che le danno il nome di Alguer o meglio ancora Balzarunéta, la “piccola Barcellona”. L’arrivo degli Aragonesi provocò la deportazione degli algheresi più ribelli verso le Baleari. Le riserve alimentari furono requisite e nella città, ancora stremata dall’assedio e dalle malattie, fecero ingresso i popoladores catalani giunti in blocco dalla madrepatria e in possesso degli stessi diritti dei barcellonesi. Godevano anche di privilegi commerciali ed enormi benefici economici: dalla concessione di proprietà terriere e immobiliari alle sovvenzioni per le attività agricole, fino a vantaggi fiscali.

Piero Pasini / Focus Storia

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