Divisa in tanti Stati, sottoposta al controllo straniero, l’Italia nel Settecento cominciò a scoprire una propria identità. Linguistica, artistica e religiosa.

Tutti i secoli durano cent’anni, ovviamente, ma ce ne sono alcuni che sembrano contare di più, sia per i cambiamenti straordinari che avvengono durante il loro svolgersi, sia per l’influenza che hanno sui tempi a seguire. È il caso sicuramente del Settecento, un secolo che si apre sotto l’egida del Re Sole e si chiude con Napoleone Bonaparte al potere. Andiamo alla scoperta di quell’Italia, prima che Italia diventasse.

La carta politica dello Stivale di allora è un mosaico composto da tasselli di colori e dimensioni diversi. Era, infatti, l’Italia dei tanti Stati e staterelli, una penisola in balìa dei giochi e delle grandi Potenze europee, Spagna e Austria su tutte. Le nostre terre potevano diventare merce di scambio tra i monarchi oppure servire a ricompensare qualche ambizioso principe. Di indipendenza dallo straniero, quindi, neanche a parlarne. Anche l’idea di un’Italia unita era molto lontana, come conferma lo storico Dino Carpanetto, autore insieme a Giuseppe Ricuperati del volume L’Italia del Settecento. «In Italia non esisteva alcun progetto di unificazione nazionale. Nel Settecento si formarono alcune idee e spinte politiche che poi si svilupperanno nell’Ottocento, però il Risorgimento nazionale è un tema tipicamente ottocentesco». Gli abitanti della nostra Penisola nel XVIII secolo si consideravano sudditi dei Borbone (che avevano in mano il regno di Napoli, la Sicilia e i ducati di Parma, Piacenza e Guastalla), degli Asburgo (che controllavano il Ducato di Milano e il Granducato di Toscana), oppure si sentivano piemontesi (Piemonte e Sardegna erano sotto i Savoia) e veneziani (la Repubblica estendeva il suo dominio su parte della Lombardia, del Veneto e sulle coste dalmate). Eppure esisteva un’identità italiana, anche se ben poco presente nella sensibilità delle persone comuni.

ROBERTO ROVEDA / Focus Storia