Il mondo del calcio impara dalle figurine.

Che l’Italia sia il Paese delle contraddizioni è cosa risaputa. Talmente ossimorico, al punto che perfino il mondo del calcio – così mal frequentato, tra tifosi teppisti, presidenti furbacchioni e manager di dubbia moralità – è in grado di generare belle storie, di lavoro, impresa e passione. È il caso della Panini spa, l’omonima e famosa casa editrice nata nel 1961 e cresciuta a Modena attorno alla pubblicazione degli album delle figurine dei calciatori e dell’Almanacco del Calcio. Un’azienda tutta italiana nello spirito oltre che nei lavoratori, recentemente passata attraverso differenti proprietà, ma sostanzialmente rimasta fedele alle radici popolari, nonostante gli anni, nonostante la crescita del volume di affari, oggi giunto a quasi un miliardo di fatturato. Non un caso rarissimo in questa Italia che spesso mostra solo il lato brutto di sé, ma certamente una storia bellissima, perché di successo (attraverso il sacrificio) e perché così profondamente espressiva di una visione del mondo del lavoro, della passione calcistica nostrana, che stentiamo a ritrovare sui giornali e nella coscienza comune.

Sergio noto / Il fatto quotidiano