Non è stato un anno memorabile per la Rai, il 2023: travolta dalle polemiche e dalle guerre intestine, oltre che dagli addii clamorosi come quelli di Fabio Fazio con la sua trasmissione “Che tempo che fa”, dopo 20 anni di messa in onda nelle reti pubbliche. Moltissimi dei nuovi programmi lanciati negli ultimi dodici mesi si sono rivelati un fallimento. È risaputo che, a ogni cambio di governo, anche la tv di Stato compie una rivoluzione copernicana, con relativo valzer di nuovi direttori, conduttori e idee nocive come quelle appunto di aver fatto partire conduttori del calibro di Corrado Augias, Fabio Fazio e di tentare di mettere i bastoni tra le ruote a programmi di inchiesta non graditi al potere del momento. Eppure, nonostante gli alti e i bassi, e i raccomandati del momento, la Rai è sempre la Rai, con quella sua pachidermica solennità. Il 2024 parte con la celebrazione dei 70 anni dalla nascita della Radiotelevisione di Stato. A dire il vero, il suo primo embrione risale in realtà a 100 anni fa, con la nascita nel 1924 dell’Unione radiofonica italiana, che diventa Eiar (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) nel 1927, Radio Audizioni Italiane nel 1994 e infine Rai – Radiotelevisione Italiana nel 1954. Esattamente il 3 gennaio 1954.