I casi sono due: o siamo davanti ad un clamoroso caso di ignoranza (forse in Inghilterra non sanno che dal 1861 l’Italia è un Paese unificato), oppure c’è un chiaro intento discriminatorio.
Ma procediamo con ordine: da circa un mese, nel Regno Unito è ricominciato il ciclo scolastico e molti istituti richiedono la compilazione di moduli e questionari per stabilire la provenienza degli alunni e, eventualmente, aiutare gli studenti che parlano lingue diverse.
Ottima l’intenzione, anzi ammirevole.
Il risultato è stato invece che all’Ambasciata italiana sono arrivate centinaia di segnalazioni da famiglie di nostri connazionali che si sono trovate davanti ad un quesito che definire bizzarro è un eufemismo; alla richiesta di specificare la provenienza dell’alunno, per gli italiani ci sono ben TRE scelte: italiano, siciliano o napoletano.
Siamo inaspettatamente tornati indietro di 150 anni, quando l’Italia era (per usare un’infelice espressione del cancelliere austriaco Klemens von Metternich) solo un’espressione geografica?
Torniamo dunque alla domanda iniziale: è semplice ignoranza oppure c’è l’intento di “classificare” gli italiani secondo la loro regione di origine?
L’ambasciata italiana, ovviamente, gioca la carta della cautela diplomatica:

“Si tratta di iniziative locali” spiega l’ambasciatore Pasquale Terracciano, “motivate probabilmente dall’intenzione d’identificare inesistenti esigenze linguistiche particolari e garantire un ipotetico sostegno. Ma di buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno, specie quando diventano involontariamente discriminatorie, oltre che offensive”.

Tra l’ambasciata italiana ed il Foreign Office (ovvero il Ministero degli Esteri britannico) è quindi nata una piccola querelle: l’ambasciatore italiano ha chiesto l’immediato ritiro dei formulari incriminati e la richiesta è stata prontamente accolta (ma non ancora avvenuta, fino ad ora) dal governo britannico.

Amber Rudd, ministro dell'Interno inglese

Amber Rudd, ministro dell’Interno inglese

Un malinteso? Forse, se non fosse che solo qualche settimana fa una notizia altrettanto preoccupante, è arrivata da oltre Manica: il governo britannico, nella persona di Amber Rudd, ministro dell’Interno, ha avanzato la proposta (poi ritirata dopo qualche giorno) di schedare i lavoratori stranieri, onde favorire l’assunzioni di autentici sudditi di Sua Maestà.
Ma Rudd ha voluto essere davvero chiara: “Non chiamatemi razzista“, ha detto poco dopo.
Ci mancherebbe altro! Discriminare i lavoratori stranieri infatti non è razzismo: è pura e semplice idiozia, considerando che questi, dal 2001 al 2011, hanno contribuito al PIL britannico per un totale di circa 20 miliardi di sterline (studio dell’University College of London).

I primi nefasti effetti della Brexit, prima di essere economici, sembrano essere soprattutto di ordine morale.

 

Aggiornamento (13 ottobre 2016): Dopo la denuncia di numerosi giornali, ecco le scuse del governo britannico su quanto avvenuto:

“Il governo britannico acquisisce informazioni linguistiche come parte del censimento scolastico per assicurarsi che gli studenti di madrelingua diversa dall’inglese possano ricevere la migliore istruzione possibile nel Regno Unito. Ci è stata segnalata la presenza di uno storico errore amministrativo nei codici linguistici in uso fin dal 2006. Anche se tale errore non ha avuto alcun impatto sull’istruzione ricevuta dagli alunni italiani nel Regno Unito, il governo britannico esprime il proprio rammarico per l’accaduto e per le offese da questo eventualmente arrecate. Il ministero dell’Istruzione britannico ha modificato i codici in questione e da oggi tutti gli allievi di madrelingua italiana saranno classificati sotto un unico codice”.

(foto a inizio articolo tratta dalla versione on-line de la Repubblica)

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