A cinquant’anni di distanza abbiamo fatto lo stesso viaggio di Gassman e Trintignant sulla via Aurelia: da Roma a Livorno. Dal boom economico di allora alla crisi di oggi.

Ipocrita. Bigotta. Intrallazzona. Spergiura, pronta al tradimento, così come alla connivenza. A tutti i costi spensierata. Spende, o spreca, anche il domani. È l’Italia del 1962, è l’Italia del Sorpasso descritta da Risi, Scola e Maccari. È l’Italia che correva a 130 chilometri orari lungo la via Aurelia, alla faccia di limiti umani o strutturali; è l’Italia del boom economico, delle prime lavatrici, dei frigoriferi, del televisore dentro casa vissuto con orgoglio: status symbol, conquistati a colpi di rate. È il paese dei quasi novantamila immigrati l’anno nella sola Milano. Sono passati cinquant’anni esatti da quel 15 agosto, quando Bruno Cortona, alias Vittorio Gassman, conosce, coinvolge e stravolge la vita del giovane Roberto Mariani, alias Jean-Louis Trintignant. Trentasei ore vissute su una Aurelia cabrio (sì, stesso nome della strada) per percorrere circa 315 chilometri, dalla Balduina, zona nord-ovest della Capitale, rifugio della borghesia baldanzosa, verso Santa Severa, quindi Civitavecchia, Capalbio, Castiglioncello. Fino all’ultima curva verso destra prima del castello del Boccale, a pochi passi dal cartello “Livorno”, dove in un incidente stradale muore “Roberto e sopravvive Bruno – racconta Ettore Scola – Lì finisce l’Italia seria, quadrata, che studia, si prepara. Ma ha un neo: non ha gli strumenti per combattere la parte cialtrona del Paese, si fa sedurre, fino a soccombere”.

Alessandro Ferrucci

Bottone Radici