Il Manifesto degli scienziati razzisti, o semplicemente Manifesto della razza, è il documento che getta le basi teoriche della politica razzista del fascismo.

Fu pubblicato il 14 luglio del 1938 sul Giornale d’Italia in forma anonima e riapparve successivamente in agosto sul primo numero della rivista La difesa della razza con la firma di dieci illustri scienziati. Stando alla testimonianza di Galeazzo Ciano, Mussolini gli avrebbe però confidato di aver redatto quasi per intero il testo.

Nei dieci punti che lo compongono si sosteneva la concezione biologica del razzismo e l’esistenza di una pura “razza italiana” a cui non appartenevano gli ebrei. Tra le affermazioni espresse: “È tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti”; “È necessario fare una netta distinzione tra mediterranei d’Europa da una parte e gli orientali e gli africani dall’altra”.

Alla pubblicazione del documento seguirono le leggi razziali: gli ebrei venivano così esclusi da pubbliche amministrazioni, banche, assicurazioni e tutte le professioni intellettuali; non potevano più studiare o insegnare nelle scuole pubbliche, né essere proprietari di fabbricati e terreni di valore. Per gli ebrei stranieri e per quelli che avevano ottenuto la cittadinanza italiana dopo il 1919 vi era addirittura l’obbligo di abbandonare il Paese.