Nella prima metà del mese di maggio, la regione Emilia Romagna è stata colpita da una pesante alluvione, i cui tragici danni si ripercuoteranno sul territorio per anni. È il riflesso dell’altra faccia della medaglia: la siccità. Sembra incredibile ma, nei due esempi, è l’acqua che fa da protagonista, purtroppo in negativo. Questi tragici eventi climatici sono soprattutto la prova di una mancata politica di salvaguardia del territorio, improntata piuttosto alla cementificazione e all’uso interessato del suolo. Con l’avanzare della siccità, diversi comuni italiani sono stati costretti a razionare l’acqua nel mese di aprile e maggio scorso. E ci sarà poco da sorprendersi se molti sindaci razioneranno l’uso dell’acqua in piena estate. Inoltre, l’Italia perde, nel percorso tra fonti e rubinetto di casa, 157 litri al giorno per ogni abitante. Colpa di una rete idrica vetusta su cui si investe troppo poco e che lascia il Paese del tutto impreparato di fronte a uno stress idrico crescente. Secondo l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), nel trentennio 1991/2020 la disponibilità d’acqua è calata del 20% rispetto al valore registrato tra il 1921 e il 1950. E nei prossimi anni il cambiamento climatico minaccia di peggiorare la situazione. Ecco, in sintesi, i numeri del disastro.
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