Diversi dirigenti politici nel mondo hanno adottato espressioni prese in prestito dal linguaggio bellico applicato al virus e alla sua diffusione, fino a renderlo un leitmotiv dei commenti giornalistici sull’emergenza.
C’è chi ha trovato nell’uso del lessico bellico in riferimento alla pandemia uno strumento efficace per creare un sentimento di unità nei cittadini e spingerli quindi a sentirsi coinvolti in uno sforzo comune, e c’è chi lo ha considerato esageratamente retorico e fuorviante.
In realtà, i politici e i giornalisti italiani, nel ‘dichiarare guerra’ al coronavirus hanno semplicemente applicato, più o meno inconsciamente, un meccanismo metaforico che è alla base, non solo della comunicazione politica, ma della comunicazione tout court e del nostro modo di vedere il mondo.
Per limitarci alla nostra lingua, la fortuna della metafora guerresca, in questo caso, è favorita da almeno due fattori. Il primo è che da sempre le malattie sono nemici contro cui si combatte usando le armi della medicina.
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Originaire de Parme (Italie) chercheur en linguistique au CNRS (laboratoire CLLE-ERSS de Toulouse, dont il est directeur adjoint depuis 2010), Fabio MONTERMINI a enseigné dans les universités de Parme, Milano Bicocca et Toulouse le Mirail.
Il s'occupe principalement de morphologie de l'italien et des autres langues romanes. Depuis quelques années, il collabore avec la revue RADICI en proposant des articles de vulgarisation linguistique mais aussi des sujets d'actualité sur la société italienne et l'émigration. Il est membre du comité de direction de l'Institut de Linguistique Française et du comité exécutif de la Société de Linguistique Italienne.