Nati negli anni del boom economico sono stati il simbolo della modernizzazione dell’Italia. E della sua eccellente ingegneristica.

Dobbiamo dire grazie a un imprenditore lombardo se nel nostro immaginario non c’è viaggio in automobile senza sosta in autogrill. Erano gli anni del Dopoguerra, l’Italia “voleva fa’ l’americana” e gli auto-grill room, i punti ristoro a stelle e strisce, avevano un fascino magnetico. Costruirli significava importare modernità e progresso.

Il primo a intuirne il potenziale fu un self made man di Cilavegna (Pavia), Mario Pavesi. Uno che nel sangue aveva lo spirito del pioniere e quello del commerciante: chi lo conobbe negli Anni ‘30 lo ricorda a bordo di una Fiat Balilla mentre girava vendendo dolciumi, liquirizia, biscotti e cioccolatini che gli forniva un pasticciere del suo paese. Poco dopo si trasferì a Novara, dove produsse in proprio i famosi biscotti, i Pavesini. Nel Dopoguerra il salto di qualità: perché non creare un biscottificio per automobilisti? Nascevano gli autogrill. Il primo aprì a Novara nel 1947, il secondo a Brescia. In vent’anni le autostrade della Penisola ne furono invase: ne spuntava uno ogni 40 chilometri. Addio pause pranzo nelle trattorie in mezzo alla campagna. Basta pane e prosciutto avvolto nel tovagliolo dalla moglie previdente: adesso chi attraversava il Bel Paese si fermava in questi punti di ristoro. Entrarci, significava essere moderno, alla moda. Le pubblicità cartonate facevano il resto.

«Situato all’altezza del casello di Novara dell’autostrada Torino-Milano, in prossimità della fabbrica, il punto vendita di Mario Pavesi era composto da un locale bar con una grande nicchia per camino tipo locale paesano, spazi per mostra prodotti dolciari e un pergolato esterno con tavoli e poltroncine», spiega Simone Colafranceschi nel suo libro Autogrill (Il Mulino Editore). Il successo fu immediato e proseguì vento in poppa.

Le politiche governative nel 1952 avevano approvato, infatti, il cosiddetto Progetto Aldisio (dal nome del ministro dei Lavori pubblici). Prevedeva la costruzione di nuove autostrade e l’ampliamento di quelle esistenti in nome della modernizzazione. Lungo la strada, accanto ai punti di ristoro, spuntarono distributori Esso e Agip. E il cane a sei zampe, simbolo di Agip, si fece conoscere come il “fedele amico dell’uomo a quattro ruote”. L’Italia rialzava la testa e lo faceva nel segno dell’industrializzazione e della cementificazione. Nel 1956 alla presenza del presidente del Consiglio Fanfani s’inauguravano così i lavori per l’Autostrada del Sole: 7 anni dopo il Nord e il Sud del Paese erano collegati.

Giuliana Rotondi

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